venerdì 14 dicembre 2012

Giueppe Verdi - Rigoletto. Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna (ovvero, come ripassare Victor Hugo mentre preparo da mangiare)

5 giorni a disposizione per preparare 5 esami.
sensi di colpa da avreipotutofaredipiù
prendo un foglio, respiro.scrivo i motivi per cui dovrei o non dovrei dare letteratura adesso invece che a gennaio (è l'esame un po' più pesante e l'unico che potrei realmente spostare.ah,e lo dovrei dare martedì dalle 17.30 alle 18.30 dopo aver fatto 2ore di esame di storia della lingua + 4 ore di esame di Romanzo del XIX secolo).
mi sento una cazzo di pazza mentre mi dico a voce alta cose come "se lo dai a gennaio significa che dovrai studiare a casa e che ti perderai una settimana su due" o "hai un giorno e mezzo a disposizione ma sei intelligente lo so che ce la puoi fareee".

Fanculo sensi di colpa del volevomanonhopotuto, fanculo sensi di colpa anticipati del selocannomisentounamerda, fanculo anche a quella zoccola che ha pensato che fosse umanamente possibile fare 6 ore di esame in una giornata sola e a quel cornuto di storia della lingua che ha scelto ESATTAMENTE quel giorno quando ne aveva a disposizione altri 5.

Io ci provo, e lo do adesso. morirò, magari andrà tutto a puttante ma ceste. c'est la vie.

Senso di potere infinito nell'immaginarmi la tua risata cristallina, le ore passate al telefono prima di latino o di storia dell'arte a immaginare quanto sarebbe stato bello rilassarsi dopo. 
SE DETENDRE.
nel mondo dei cacciatori di sogni è ancora possibile

mercoledì 5 dicembre 2012

Le mercredi est toujours trop long.

Scrivo delle primarie del PD sul blog di Nord Eclair .
(per chi volesse una traduzione, può contattarmi ;) )

lunedì 3 dicembre 2012

con le mani(e)

Dicembre, a Lille.

Quello appena passato, ha vinto il premio di week end più auto-commiseratorio del mese. Non so se sia la nostalgia di casa, o se siano i soliti problemi esistenziali del cazzo, a lungo ricacciati - come polvere superflua, distrattamente - sotto il tappeto. O se sia ché, davvero, crogiolarsi nel dispiacere, a volte, torni più facile che godersi i piccoli momenti di felicità. Mais bon, ora si riparte per la tirata finale. Si prevedono grandi, grandissimi effetti speciali.
Più o meno.

No, giuro che non mi ha preso un nuovo tic (la mania delle foto con la videocamera, intendo. Cioè, non mi ha preso perché esiste da mo'). Cazzate a parte, la diapositiva alla mia sinistra vuole essere la rappresentanza grafica di un momento ca pi ta le della storia di questo blog, volevo dire, di questo Erasmus. E' con un misto di emozione e orgoglio che vi annuncio l'acquisto del mese: Persepolis in versione o ri gi na le by maison d'edition "L'Association" (sede a Parigi, stamperia in Italia, a Milano. I misteri dell'editoria). Finalmente è mia, la prima graphic novel, la più amata, la sempre presente. Arriva con un po' di ritardo, ma a ricordare che le radici ci sono, e bisogna tenersele strette. Potrei rimandarvi a una vecchia, vecchissima recensione, e in effetti credo che lo farò, così poi se volete potete dare anche un'occhiata a tutto il sito (qui, la recensione, qui, Babelia, ossia il miglior circolo di lettori della (ex) provincia di Treviso). Qui, infine, potrete trovare una delle canzoni del film Persepolis, a sua volta tratto dal fumetto: una delle mie preferite.
Si tratta di un regalo personale della sottoscritta alla sottoscritta, non vi dico la gioia. In realtà ero uscita di casa per comprarmi un profumo ma va beh, deviazioni professionali a parte ci stavo per riuscire. E così se ne andò più del 10% della mia paghetta mensile (leggi, borsa erasmus)...

P.S. Vi segnalo (con la solita scariolata di emozioni sopraccitate) che ho iniziato una nuova esperienza: scrivo per il blog che il Dipartimento di Francese-Internazionale (c'est à dire, per gli studenti stranieri) ha creato in collaborazione con Nord Eclair, secondo quotidiano della regione.

giovedì 22 novembre 2012

Bonjour!

Alla ricerca di buone motivazioni per alzarmi dal letto questa mattina, ho trovato le seguenti risposte.

1. la vita è bellaaa (non convincente)
2. potrai leggere la lettera che ti ha inviato la spanzi (convincente)
3. hai lezione (ritiro un po' più su le coperte)
4. hai già saltato questa lezione la settimana scorsa (metto fuori un piede)
5. anche ieri non volevi uscire e poi hai conosciuto un sacco di ragazzi simpatici. Amiciii (la gamba scivola fuori)
6. c'è il soleee (tiro giù le coperte)
7. mentre fai colazione potrai scrivere questa lista idiota (al che ero già in piedi e ora sono già anche in ritardo)

 à plus!


p.s. è presto per ascoltare Guccini, lo so, ma sta mattina rientra tra le ragioni per alzarsi.

martedì 20 novembre 2012

Cazzate erasmus

#234: prendere i biglietti per Parigi per questo week end senza sapere se avrò un posto dove dormire.
#235: tirare mezzanotte e mezza per finire un lavoro di Teatro.
#236: esaltarsi dopo essersi iscritta alla lista di "italiani all'estero" che voteranno alle prossime primarie.
#237: piercing al naso!!!!!!! (esatto, quella caccolina sulla narice sinistra è - FINALMENTE, dopo 18 anni di sogni e tentativi mancati - il mio primo piercing! *.*)

lunedì 19 novembre 2012

La Petite Fadette - George Sand

"Et, pendant ce temps-là, la rivière coulait bien tranquillement, frétillant sur les branches qui pendaient et trempaient le long des rives et s'en allant dans les terres, avec un petit bruit, comme quelqu'un qui rit et se moque à la sourdine."

("E, durante quel tempo, il fiume scorreva tranquillamente, dimenandosi sulle anse che pendevano e immergevano i lati delle rive, andandosene verso l'interno, con un po' di rumore, come uno che ride e prende in giro il muto.")

Per un momento rialzo gli occhi tristi al cielo e incrocio lo scroscio ridente della pioggia. Lei non è lì per me, per tirarmi su il morale. Sta lì e basta, se ne fotte che io ci sia o non ci sia, che sia felice o distrutta, che la guardi o meno.

Non sono un suo problema, non la riguardo minimamente. Eppure è.


Tutto ciò, invece di sconfortarmi, mi rassicura, mi permette di sciogliere le ansie esistenziali nel fluido universale dell'enormità della vita. Io non conto nulla, il mio malheur tanto meno. Domani pioverà comunque, che io esista o no. 
Tant pis. (Hakuna matata).

giovedì 15 novembre 2012

Listen to your eyes - ovvero come svegliarsi una mattina d'inverno e prendere in mano la propria vita.

Anche se i miei tempi di relazione con il reale continuano a dilatarsi, qualche volta riesco a portare a termine i progetti che mi sono messa in testa. Vi annuncio che, finalmente, ho intrapreso un Tandem! Cos'è? Ovviamente non c'entra nulla con una bicicletta a due, anche se l'idea di collaborazione che quest'immagine richiama alla mente è alla base del progetto stesso. Si tratta infatti di uno scambio reciproco tra due persone che vogliono imparare l'uno la lingua dell'altro. Nei fatti, io sono italiana e voglio migliorare il mio francese, Clémentine (la "mia tandem") è francese e vuole migliorare il suo italiano.
Ero completamente all'oscuro di questo progetto prima che Julia, la mia amica berlinese, me ne parlasse: in Germania è una pratica consolidata, una tappa necessaria (e ovvia) nel percorso di acquisizione di una lingua.
Personalmente in Italia non ne ho sentito parlare, ma c'è da dire - anche - che prima di partire per la Francia non me n'ero mai interessata davvero. L'Univesité Lille 3, par contre, fa una grande pubblicità di questo progetto che, a quanto pare, funziona: non sono passati nemmeno cinque giorni dopo che mi sono iscritta al sito del CRL (centro risorse linguistiche) che mi è arrivata una mail dal "tutor" del tandem, con dati e indirizzo mail della mia compagna di avventura: Clémentine.
Francese di Saint-Quentin (Piccardia, la regione appena sotto al Nord), è una ragazza dolcissima. Bionda, timida al punto da sembrare scontrosa, amante del reggae e dei film di Tim Burton. Al nostro primo incontro si è fatta riconoscere per un "cappello con un orso" (orecchie di lana e musetto cucito sopra): l'ho adorata da subito. Primo incontro in cui sono riuscita (ovviamente) a piazzare l'immancabile figura di cacca:
M- cosa studi?
C- lettere moderne
M- davvero??anch'io!!
C- sì, lo so, siamo nello stesso corso di linguistica e pure di letteratura
M- .... (attimi di vuoto celebrale) .... ah sììììì, ECCO dove ti ho GIA' visto!! (sperando che fingere in francese mi venga meglio di quanto mi riesce in italiano)

(e infondo, meglio così, meglio farle subito le brutte figure così l'ansia da prestazione è presto dimenticata).
Contiamo per ora di incontrarci ogni martedì mattina, più eventuali uscite insieme nel corso della settimana. Già martedì sera mi aveva invitato a casa sua, a cena con lei e la sua ragazza.

E così dopo due mesi di semipantofolamento (malattia grave, gravissima che colpisce i pigri, i secchioni e gli scazzati - cronica nei soggetti che riuniscono le tre caratteristiche insieme), mi getto nella bolgia delle esperienze: visite a tutte le esposizioni di Lille 3000, abbonamento a teatro, serate al museo, viaggio a Budapest organizzato per i primi di dicembre grazie ai voli low cost in partenza da Charleroi.

Concludo con una foto di me e Sophie (una delle ragazze che mi hanno ospitato tramite Couch Surfing) mentre rubiamo i giochi ai bambini alla Maison Follie di Wazemmes. yowlo!

mercoledì 7 novembre 2012

Varúð

Le vacanze sono passate in fretta, a Lille. Ho aspettato a lungo il tempo per me, il tempo per rilassarmi per divertirmi e per studiare quanto non avevo nemmeno letto fino ad ora.. e oggi è già domani (cit.), oggi ho già finito l'ultimo compito (il secondo) della settimana, l'ansia se n'è andata, rimane il festeggiamento, il ricordo di un momento passato a odiare dio e il destino e il mondo per avermi fatto essere ME in quel momento Lì.
Non ha senso. Come nulla, aggiungerei.

Belle le vacanze, passate con la mia puttana delle vacanze. Che arriva al momento giusto, quando serve, a portare attimi di serenità e di non pensiero e di sonno, di riposo più che di notte. E che se ne va com'è venuta, senza chiedere niente. Senza imporsi, senza supplicare di essere necessaria, anche se lo è, ostia se lo è.
E i momenti passati insieme diventano ricordi, ondeggiano nel mare indistinto nei ricordi, fanno parte di quegli attimi particolari, dei dettagli che servono a congiungere l'essenza fondamentale. Una passeggiata, l'aria fredda del nord che aiuta a rendere profondi i respiri. Il freddo rende vivi, e gli obbiettivi sono viola (re-cit.). O arancioni, poi dipende tutto.


Brussels è uno dei ricordi di queste vacanze Abbiamo testato per la prima volta (quando è stata l'ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta?domanda da 1001 milioni di dollari, da compiti per tutti del caro Bob R.) il covoiturage, un altro metodo di viaggio co-ndiviso, mica male. Lo consiglio. Siamo stati al museo del Parlamento Europeo, a ricordarci chi siamo e a imparare dove stiamo andando.


Tornata a Lille è ricominciato tutto, la corsa verso gli obbiettivi, tanti, che finalmente sono stati impilati uno dietro all'altro, assolutamente senza criterio, nella lista dei but. Scopi.
Ora parte la ricerca dei mezzi.

Lettre de George Sand à Alfred de Musset


Je suis très émue de vous dire que j'ai
bien compris l'autre soir que vous aviez
toujours une envie folle de me faire
danser. Je garde le souvenir de votre
baiser et je voudrais bien que ce soit
là une preuve que je puisse être aimée
par vous. Je suis prête à vous montrer mon
affection toute désintéressée et sans cal-
cul, et si vous voulez me voir aussi
vous dévoiler sans artifice mon âme
toute nue, venez me faire une visite.
Nous causerons en amis, franchement.
Je vous prouverai que je suis la femme
sincère, capable de vous offrir l'affection
la plus profonde comme la plus étroite
en amitié, en un mot la meilleure preuve
dont vous puissiez rêver, puisque votre
âme est libre. Pensez que la solitude où j'ha-
bite est bien longue, bien dure et souvent
difficile. Ainsi en y songeant j'ai l'âme
grosse. Accourrez donc vite et venez me la
faire oublier par l'amour où je veux me
mettre.

Dopo averla letta tutta d'un fiato, riprendetela dall'inizio e leggete una riga sì e una no..:) très amusant.

martedì 23 ottobre 2012

L'amore ai tempi dell'Erasmus

A lezione Giulia, amica di Arezzo, mi parla di The Pills, serie creata apposta per youtube. In particolare mi dice, questo te lo devi troppo vedere! Fatevi due risate: http://www.youtube.com/watch?v=BoZ62m4En-s

domenica 21 ottobre 2012

Voyager #1

Dato che non riesco a caricare le bellissime foto fatte ieri a Bruges... niente, ve ne parlerò soltanto:) Aspettando il momento in cui il mio pc sarà più collaborativo (o io meno impedita).
Il mio shabbat personale, questa settimana, si è spostato dalla domenica al sabato. Ieri (ormai l'altro ieri, dato che è mezzanotte) l'Ulysse, associazione interamente dedicata agli studenti Erasmus all'interno dell'università di Lille 3, proponeva una gita a Bruges (in fiammingo Brugge), nel nord del Belgio. A un'ora da Lille, è una città piccola ma spettacolare, soprannominata"la Venezia del Nord", nonché eletta dall'UNESCO patrimonio dell'Umanità.
Ovviamente io sono stata indecisa fino all'ultimo se andare o no (le classiche questioni del vadononvadovadononvadovadononvadovado..vado?) e alla fine, quando mi sono decisa, i posti in corriera erano già tutti presi. Potevo rinunciare a una cosa che avevo deciso (deciso!) di fare? Mais bien sûr que non, e così sabato mattina mi sono presentata lo stesso, alle 7 e mezza, dopo aver dormito circa 3 ore, al punto di ritrovo stabilito, augurandomi che qualcuno si fosse preso addormentato o chissà cosa. Il destino, per una volta, è stato favorevole, e io mi sono goduta una giornata intera di passeggiate tra vicoli antichi, giri in battello tra i canali, birre belghe sensazionali, cioccolato, e le immancabili figure di merda.

Oggi, en revanche, ho studiato tutto il giorno - salvo la pausa crêp e quella skype, perché domani ho la  prima verifica (chiamarlo esame mi sembra umiliante, dal momento che abbiamo fatto una cosa come 7ore e mezza di lezione). Sconfiggerò come al solito l'ansia da prestazione con mutande abbinate e Beethoven.


Uhhhh ecco! Ce l'ho fatta!! Eccomi con Mariana (portoghese), Marcela, Aline e Giovanna (brasiliane), affacciate sul canale che circonda il centro storico di Bruge. ^_^

domenica 14 ottobre 2012

Wind in my hair, I feel part of everywhere

Non ti voglio vincitrice, ma solo felice - dice il saggio (mia madre).

Il problema è il contenuto, mica la forma. L'obiettivo è vincere, da sempre. Ma se manca la competizione? E' come cercare una strada nuova mentre si cammina in cerchio, in un circuito chiuso, percorso e ripercorso mille volte.

Ok, vado a letto e non spippo nessuno per sta sera. Oggi è stata una giornata rilassante, mi sono imposta di non fare nulla: la domenica è diventata il mio Shabbat (o aspira a diventarlo). Gita al lago di Villeneuve d'Ascq, profumo di terra e dialoghi con le anatre del luogo. Anima campagnola che rispunta al contatto col pelo arruffato.

Lettura serale: Sàndor Màrai - Le braci, il libro che mi ha regalato la Spanzi a Florence. Anche se dopo Tomasi Lapedusa e Benni nessun altro libro mi sembrerebbe più degno di essere chiamato tale. 

venerdì 12 ottobre 2012

Panic @ Lille

Adoro svegliarmi la mattina. Se non fosse una cosa che già faccio tutti i giorni, desidererei quasi farlo più spesso. Dico sul serio, questa volta l'ironia non c'entra. Quant'è bella la sensazione di torbida incoscienza che dona una notte di sonno? Cercare di riprendere consapevolezza di sé e del mondo esterno, mentre allungo meccanicamente la mano per spegnere la sveglia. Chi sono? Dove sono? Che diavolo ci faccio qui? Solo in questi brevi istanti di risveglio tutte le domande esistenziali a cui posso pensare troveranno (quasi) sicuramente una risposta. Certe mattine il super-io mi toglie tutto il gusto di questa lenta ricerca d'identità, strillandomi nelle orecchie cosadevifareoggi. Più spesso, i ricordi vengono alla mente poco a poco, ed è una rinascita continua (con Elthon John che fischietta "is the circle of life" in sottofondo). L'unica guida affidabile che trovo per ridiventare un'altra volta ancora Marta, è immergermi nel fiume delle abitudini mattutine, doccia caffé giornale online. 
Duro risveglio sta mattina, quando la testa mi ha ricordato, chissà perché, una frase sentita qualche giorno fa, al bar della facoltà: "sono finiti i fondi Erasmus". Mi agito, cancello anche l'ultima nebbia di sommeil appiccicata addosso, e mi fiondo sul sito di Repubblica. Putaine, c'est vrai. Decido che è ancora troppo presto per preoccuparsi, quasi quasi torno a letto. Ma l'idea che il vecchio Erasmo venga a tirarmi per i piedi, offeso della poca considerazione che gli concedo, non mi lascia fare quei tre passi che mancano, dalla scrivania al giaciglio, che sembra ancora caldo. Rilassati Ery (in confidenza noi ragazzi internazionali lo chiamiamo così), è troppo presto per arrabbiarsi
Ma dalla finestra entra già la luce del freddo sole del nord, non ho scampo. Effettivamente pare sia vero, lo dice pure Le Figaro: mancano circa 4 miliardi di euro, all'Unione Europea, per effettuare il rimborso agli Stati membri per i programmi di ricerca e innovazione, e per l'Erasmus.
Era una borsa misera quella che l'UE concedeva ai suoi studenti, circa 200 euro al mese: sicuramente non sufficienti per vivere, ma se pensate che ogni anno partono con questo progetto di scambio circa 200 mila studenti, la spesa di mamma Europa assume effettivamente un valore imponente. Nonostante l'UE stia rassicurando gli studenti che hanno già iniziato un programma di scambio, non credo che tagliare i fondi alla cultura sia la strategia che ci salverà dalla crisi economica: sia in generale, sia in riferimento a questa speciale forma di intercultura, che tra i giovani è uno dei primi contatti reali con la realtà comunitaria.
Tanto più che lo stesso sito della Commissione Europea per l'Educazione e la Formazione sostiene che: "numerosi studi indicano che un periodo trascorso all'estero arricchisce la vita degli studenti,  non solo sul piano accademico e professionale, ma anche a livello dell'apprendimento delle lingue, dell'acquisizione di competenze interculturali, dell'autonomizzazione e della conoscenza di sé. L'esperienza degli studenti permette loro di comprendere meglio cosa significhi essere un cittadino europeo. In più, numerosi datori di lavoro danno molta importanza a questi soggiorni all'estero, e ciò aumenta le prospettive di occupazione degli studenti."
Donc, on verra.

giovedì 4 ottobre 2012

Pizzaspaghettiemandolino

La vita o si vive o si scrive.

Stop. Senza aggiungere altro.
Ecco cosa avevo pensato di scrivere sul mio prossimo blog. Questo e non altro, solo questa frase che mi riempiva la testa.

E' solo che poi dico una cosa e ne penso altre 20 e quindi non riesco mai a concludere un discorso che ho iniziato. Per esempio adesso penso a quando questa frase me l'ha detta qualcuno, a Bologna, cercando di fare il figo e di spacciarla per sua. E io volevo dirgli, frena, non sei mica l'unico qui a fare Lettere. ma ogni tanto è così, glie lo devi ricordare a questa gente che vola alto. Per gli Erasmus è un po' più difficile fare i palloni gonfiati: non ti puoi ancorare all'immagine preconfezionata che sei solito vendere di te, bisogna riallestire tutta la vetrina in un'altra lingua. Parlo degli Erasmus linguisticamente menomati come me, quelli che conoscono 15 parole di francese e che, solo con quelle, cercano di intavolare ragionamenti sensati. Oggettivamente, notavo l'altro giorno con Gaia, la mia coinquilina che studia a Bologna e che conosce la metà dei miei amici di Bologna ma che io ho incontrato solo qui, nel gelido Nord Europa, dicevo, che con Gaia si notava che il problema vero è che parlando in un'altra lingua sei obbligato a dire qualcosa. Sembra stupida come cosa, e forse lo è, ed è probabile che sia ancora un po' sbronza da ieri dato che vi sto dicendo queste cazzate, ma quante volte capita di fare discorsi sul niente? Non dico solo sul tempo (meteo), ma in assoluto, quando parli per ore e la conclusione è "ma cosa vuoi, è così, non ci si può fare niente". Ecco, quelli sono i discorsi in cui non dite niente. Quando pensi in un'altra lingua invece ti devi sempre porre un obiettivo: dove voglio arrivare? Cosa voglio dire? E - la mia preferita, quando vedi la faccia esterrefatta del tipo davanti a te - che cazzo sto dicendo?!?
Il più delle volte (ai menomati linguistici di cui sopra) capita di pensare: boh. Ma capita a tutti in realtà, solo che noi (io e la mia lunga lista di adepti) abbiamo il coraggio intellettuale di dircelo. E di non dire nient'altro, per giunta. Agli altri, intendo.

Pensieri migliori partoriti o ascoltati questa settimana (scolastica):
- "l'univers est en expansion, la phrase aussi!"
- "nous avons l'habitude de croire que nous nous souvenons des faits importants, non de futilités"
- "Les hommes ne naissent pas, se fabriquent" (Erasme) -> "non si nasce mica imparati!"

venerdì 28 settembre 2012

Risposte.

Non tornare più, non ci pensare mai a noi. Non ti voltare, non scrivere. Non ti fare fottere dalla nostalgia, dimenticaci tutti. Se non resisti e torni indietro non venirmi a trovare, non ti faccio entrare a casa mia. Qualunque cosa farai, amala, come amavi la cabina del Paradiso quando eri picciriddu. [Giuseppe Tornatore, Nuovo Cinema Paradiso].

Me lo hai scritto tu. E come spesso accade quando dentro alle parole si cela un sentimento condiviso, il messaggio arriva più forte, soprattutto quando è inaspettato. Un pugno nella pancia. Bisar, perchè è un dolore che amo, di cui continuo – testarda – ad andare in cerca. C'ho messo un po', ma alla fine ho strappato il primo poster appeso in camera, l'ho girato dalla parte bianca, quella che di solito vogliamo nascondere, e c'ho gettato sopra questo mucchietto di frasi. L'ho riappeso. Ne sono uscite altre, di frasi. Quelle stupide, nelle quali mi rifugio per riscoprire dei brevi momenti felici. Quelle forti, che mi fanno pensare a voi.
Non ti voltare, non scrivere. È un dolore utile, dolore onesto. Come quando sei sott'acqua e il male ai polmoni, per aver trattenuto troppo il respiro, ti fa ricordare che è ora di risalire. Basta crogiolarti nella ricerca di qualcosa di magnifico che non ti apparterrà mai, è ora di risalire.
Odio l'autunno, odio i pugni e odio lo scazzo. È passato questo fottuto mese e pare che tutto debba essere fico, l'erasmus e gli amici e il tempo distante. Se non è bello che minchia ci vai a fare, torna a casa. A casa si sta bene, tutto il solito, solito bar, soliti studi, soliti amici. Una sicurezza che non fa male per niente, che non colpisce all'improvviso.
Non riesco più a dormire la notte. Troppe idee, la testa se le accolla tutte e va di corsa e non si ferma. Pensieri, più che idee, grigi e ingombranti. Le eureke luminose sembrano disperse all'orizzonte. È come se tra avere fame e averne abbastanza non esistesse più un confine, tutto si mescola in un oceano di schifo e l'unica cosa che salva è il dolore.
Ma è un dolore onesto, ho detto. Non quello tiranno del ricordo, non quello impalpabile dei desideri irraggiungibili. È consapevolezza, è gioia, è un urlo che mi tira per i piedi e mi sveglia e mi dice che sono ancora qui, malgrado lo schifo. È una prova d'amore. Lasciarsi andare, lasciarsi e basta. Lasciar andare lontano il ricordo per permettere al presente di entrare. È amore. Sacrificare sé stessi per liberare quell'altra parte, che ora non può più aspettare. È la prova d'amore più grande di tutte.
Non so perché te lo sto dicendo, forse solo perché io non ce la faccio a prendere decisioni, e egoisticamente chiedo e chiedo, e questa volta ancora chiedo a te di lasciarmi in pace e di amarmi allo stesso tempo, di fare un atto di fede, di credermi che c'è e che meglio di così non potrebbe essere ma che io non te lo posso dimostrare, non adesso.
Che poi non è vero, ti scrivo perché ne ho voglia, perché voglio liberarmi di questo macigno che ho dentro e so che con te lo posso fare, che capirai. Che anche se le idee sono confuse tu sai quello che c'è dietro, e quindi lo accoglierai a braccia aperte come hai fatto sempre. Che sto scrivendo a te e in realtà vorrei dirlo a tutti. È una merda, è dura e ne ho abbastanza. Non voglio scriverti che non ho i soldi per mangiare, non voglio scriverti che non riesco a godermi un pomeriggio di sole perché ho lo scazzo che brucia dentro e mi spinge a correre intorno senza fermarmi. 

Non voglio scriverti cercando inutili aggettivi per descrivere cosa si prova quando ci si accorge di non avere niente da dire.

giovedì 27 settembre 2012

Ti aspetto davanti al duomo-quale duomo?

D'accord: ok, va bene.
Camarade: compagno, collega, amico.

Saranno fascisti sti francesi.
E' strano, perchè me ne accorgo mentre sto studiando tutt'altro, l'origine dello Stato Moderno, la riscoperta del concetto greco di cittadinanza (la citoyenneté), che secondo la mia piccola prof transalpina si articola in tre momenti essenziali: vivere in una città dai confini ben preficisi; impegnarsi nella vita pubblica della propria 
città; amare la propria città. E se l'amore diventasse ossessione? 
Infondo "ordinateur" non è così male, è uno degli ultimi vessilli contro la piattezza lasciva della globalizzazione linguistica. E lo stesso vale per tutte le parole che, con orgoglio, i francesi rivendicano come unicamente proprie (vedi il dubbio renseignement, laddove circa tutto il mondo indoeuropeo usa derivati del latino informatio). Ma quando la medesima prof transalpina, dopo un mio intervento, si rivolge agli altri studenti con un "come dice la vostra camerata"..il sangue si gela nelle vene, e ci vuole un po' di coraggio, unito al mitico dizionario tascabile di francese, per riprendersi.

E ora cambio argomento se no qualcuno, di cui non dirò il nome ma solo le iniziali (di ogni lettera -> E d o a r d o) mi dice che sono noiosa-moralista.
Sono in Francia da un mese, ed è ho fatto così tante e tante cose che sembra quasi passato in fretta. Il couch surfing, la Braderie, trovare casa, il numero francese, la banca francese, gli amici erasmus, gli amici francesi, le feste, le lezioni, i crediti che non sono mai quelli giusti e il sonno che non è mai abbastanza.
E le mail strappa-lacrime degli amici di casa, le cartoline che arrivano a sorpresa a ricordarti che tutto cambia per restare com'è. E il professore di Storia della Lingua Francese che sembra un misto tra il mio prof di Filologia Romanza dell'UniBo e una scopettone di saggina. E le conversazioni in francese - da brilli - di studenti erasmus provenienti da paesi diversi: "ma tu ci capisci se noi parliamo in italiano?" "sì, per me non c'è nessun problema se fumate della ganja in casa mia".
Domani - che ormai è oggi - credo cederò (finalmente!) alla tentazione pizza. Joyeux mois-iversaire à moi!

domenica 23 settembre 2012

Trastulli serali

Senza dare ulteriori spiegazioni sul perchè non abbia niente di più interessante da fare di domenica sera, pubblico quanto leggo su Wikipedia alla voce Pokemon > Controversie e critiche > Critiche religiose:

Alcuni cristiani statunitensi credono che i Pokémon abbiano un'origine satanica. [...] le accuse fatte ai Pokémon sono state le seguenti:
  • I Pokémon si evolvono, in maniera analoga alla metamorfosi che porta un bruco a diventare una farfalla. Poiché l'evoluzione nega il creazionismo, i Pokémon negano alcune interpretazioni della Bibbia. Alcuni Pokémon necessitano inoltre di strumenti particolari, tra cui pietre "magiche", per effettuare l'evoluzione.
  • Molti Pokémon seguono e praticano concetti asiatici spirituali e mistici. Per esempio, alcuni praticano arti marziali, che per alcuni gruppi cristiani statunitensi è un passaggio che porta alle religioni pagane. Inoltre il mondo in cui è ambientato presenta le tradizioni asiatiche verso le forze degli elementi, essendo i creatori di origini giapponesi.
  • I Pokémon sono simili a demoni: possono essere catturati ed essere invocati per svolgere varie azioni (per esempio tagliare un albero, spingere una roccia o illuminare un luogo buio). [...]
  • Alcuni Pokémon possiedono poteri paranormali o psichici. Questi non derivano da dio e quindi, secondo alcune dottrine cristiane, sono poteri donati da Satana.
Inoltre secondo alcuni nella sigla originale in inglese, se viene ascoltata al contrario la frase "gotta catch 'em all" è possibile udire "I love Satan" (amo Satana) o "oh Satan". Per questo motivo alcune organizzazioni cristiane credono che i Pokémon istighino al satanismo in modo subliminale.
Il Vaticano (e qui arriva la chicca) [...]ha dichiarato che i giochi di carte e i videogiochi dei Pokémon «non hanno alcuna controindicazione morale» e «allenano i bambini alla fantasia e all'inventiva». Inoltre ha sottolineato che le storie «si basano sempre su un legame di amicizia intenso tra l'allenatore e il suo Pokémon».

A questo punto sono piegata in due dal ridere, ricontrollo dieci volte se per caso non abbia sbagliato, e sia finita invece su Nonciclopedia. E invece no, la realtà è più folle della follia. Kind of magic! 


venerdì 21 settembre 2012

La musique commence là où s'arrete le pouvoir des mots

Ryanair sta macchinando qualche piano crudele e strategico contro di me. Ha deciso improvvisamente di non vendere più biglietti per Pisa-Bologna-Treviso (del tipo, avere tante case sparse per il mondo), per lo meno non nel prossimo mese e non a prezzi inferiori ai 250 euro.
Pensiero numero 1: la Ryanair, come tante altre compagnie low cost, fedeli compagne dei viaggiatori zaino-in-spalla, è fallita. Non tornerò mai più a casa. Non vedrò mai più le facce amiche lasciate al di là delle Alpi. Non potrò più allietare le mie serate o consolare le mie angosce col Prosecco, a meno di non spendere i soldi in vino importato o in biglietti aerei proibitivi.
Pensiero numero 2: il mio karma è consapevole - al contrario di me - dell'effimero attacco di nostalgia mattutina ed è altrettanto consapevole della promessa (non espressa) di reggersi in piedi da sola che la mia forza di volontà/pulcino (pio) ha fatto alla mia testa. Donc, conoscendo tutta la trama intricata - stile Beautiful - di personalità e di forze che prende le decisioni al posto mio, ha deciso molto intelligentemente di emanare delle vibrazioni negative che potessero disturbare il già flebile segnale del wifi, impappandomi internet e mandando in tilt le richieste da me inoltrate alla suddetta Ryanair. Ha senso, in effetti. Credo sia andata così.

Quante cose non dette, a voi, al blog, alla testa e alla coscienza e al karma. Tante, davvero troppe. E ora non credo sia il caso di riassumerle tutte, in una volta... No. Perchè poi qualcosa sfuggirebbe per forza e quindi da qualcosa sarebbe il caso di ricominciare. Posso permettermi di dirvi, oggi, le cose più sensazionali dell'ultima settimana.
Io che, dopo sei ore di ricerca all'interno dell'infinito campus di Lille 3, entro nella classe C26 batimênt C (uno degli infiniti edifici di Lille 3) convinta di trovarci il traveuax individuel di Theâtre, e che invece mi accorgo, seduta e già scusata per essere entrata in ritardo, essere una lezione di Math, quando vedo intorno a me solo calcolatrici e gognometri.
Noi, mitica classe A/2-B/1 di francese, che cantiamo "A ma place", sottovoce, e io che la canto, forte, ai miei coinquilini e ai miei nuovi amici, facendomi già tacciare (alla prima settimana) come incapace a qualsiasi forma di espressione aritstica, canto primo della lista.
Voila. E corsi che inziano, e amicizie che iniziano, e storie che continuano... Ve ne parlerò con calma la prossima volta. Je vous aimes tous.

sabato 8 settembre 2012

In Francia non hanno la qwerty

Lo so, è una dura realtà, e sbatterla in faccia a voi, miei cari amici e lettori, in questa pur ridente ora del primo mattino, è quasi una tragedia. Ma sono argomenti da affrontare, non posso continuare a far finta di niente. 
Sorrido, butto un occhio alle pagine di diario che ho appena riempito con le parole di Voltaire (compagno di questi primi tempi su al nord). Cerco la frase che ho in testa: "Quelli che non viaggiano che in diligenza o in berlina si meravigliano dei mezzi di trasporto che usano lassù, perché noi, su questo piccolo mucchio di fango, non riusciamo a immaginare nulla che sia diverso dai nostri costumi."
Eviterò allora la tirata che mi ero preparata. O almeno ci proverò.

Tempi duri a Lille. Giovedì ho fatto il test di lingua all'università, da lunedì inizieranno i corsi intensivi di francese (quattro ore al giorno o.O). Tutta la gioia di poter dimostrare quante cose avessi imparato grazie alle lezioni quotidiane di Francese SenzaSforzo è svanita quando oltre agli esercizi di grammatica mi sono ritrovata a dover scrivere due temi di 200 e 500 parole ciascuno. In effetti come esperienza non è stata del tutto negativa: dal momento che (escludendo le mail inviate alla fac e alle ragazze di Couch Surfing, con l'aiuto di vocabolario e traduttore di Google) sono passati più 7 anni dall'ultima volta che ho scritto un testo in francese, diciamo che ho dato libero sfogo alla mia immaginazione e alla mia creatività linguistica. Spero che i prof sappiano apprezzare il mio spirito artistico.

E dopo aver tergiversato fino a qui, ecco la notizia della vita: HO UNA CASA! Ieri sono entrata ufficialmente nella mia camera francese! Non vi dico la gioia di svuotare le valigie, dopo settimane di aperture sbrigative, per tirare fuori solo lo stretto necessario per la giornata. L'armadio è la terza invenzione più intelligente che l'uomo ha costruito, dopo il trolley (ho benedetto più e più volte il caro monsieur Trolley quando mi sono ritrovata a dover girare con 40 kg di bagaglio) e la ruota (senza la quale, in effetti, la valise roulant non può funzionare).
Non so perché mi rende così felice sapere che ho quattro mura intorno alla testa: infondo è una sistemazione temporanea, e neanche delle migliori, visto che dovrò condividere il bagno con altre 6/8 persone.
La chiave che mi ritrovo in mano, in effetti, è un simbolo, più che una sicurezza, una frase, più che una parola sola: sono a casa. E' strana la sensazione di sentirsi a casa in posti diversi; è un po' come affermare se stessi, come inserirsi appieno in una realtà. Lille è casa mia, io, Marta Panighel, sono passata di qui e mi ci sono fermata. Sono a casa. E poco importa se rimarrò sei mesi o tutta una vita, qui la mia impronta ci sarà sempre, e lei lascerà la sua dentro di me. Casa. Riscoprirsi nelle piccole abitudini, nei passaggi obbligati di ogni giorno. Nella vita che scorre intorno, e che per un attimo rallenta, per me. Casa è Piazza Santo Stefano, casa è il Palais des Beaux Arts, casa è San Gallo.
Respiro questo istante, me lo godo, è magnifico. Più che una cosa, un luogo; più che usarlo, viverlo. Stargli vicino, creare dei ricordi comuni.

Souvenir

Scacciando la prima ripugnanza, il significato che si è fossilizzato in italiano, di oggetto che alimenta soltanto un consumismo senza volontà, penso che potrei innamorarmi di questa parola. Deriva da un verbo, venir; je me souvien, io mi ricordo. Attraverso un'azione non fisica creare qualcosa dal nulla: richiamo alla mente e ricevo in dono. Un souvenir, tutto per me.

martedì 4 settembre 2012

Attacco di nervi - parte 1

La voglia indescrivibile di fermarsi, in mezzo alla piazza, e di metteresi a urlare ma smettetelaaa si vede che siete tutti italianiii e che state solo facendo fintaaa             che vi atteggiate da erre mosce e culi sculettantiii          ma che in realtà siete pure voi dei contadiniii                          del sud del nord del centroo I TA LIAA      ma ci scommetto guardaaa     che tuo nonno era italianoo       e perchè alloooraa devi fare finta cosììì di non capireee nienteee   ma vaaa che fintoniii



lunedì 3 settembre 2012

Rihour - Hellemmes

Changer.

Quello di ieri sera è stato il primo cambio di residenza da quando sono arrivata a Lille, il primo di una (spero) breve serie di peregrinazioni da divano a divano (eterno grazie a Couch Surfing), attendendo di trovare una casa en colocation. E non è poi così facile: oltre ad avere un senso dell'igene precario, i compagni francesi (mi perdonino) se la spassano con affitti per studenti da paura.
C'est à dire, siamo nel Nord, mica a Parigi.

Come sempre cambiare è un po' strano. Per qualche clamoroso scherzo del destino pare che ci piaccia adattarci alle situazioni in cui viviamo (vorrei aggiungere "bene", ma credo non sarebbe abbastanza realistico per questo blog), dicevo, ci adattiamo perfettamente alle situazioni come il nostro sedere si adatta perfettamente a un divano morbido e accogliente. Ahimè, è difficile scollarsi di lì quando la mamma - o l'eventuale Super Io interno/esterno della situazione - comanda di alzarci. E allora cosa ci spinge a cambiare? In questo caso, il fatto che il mio periodo da ospite a casa della cara Laurene fosse finito. Ma quando l'allontanamento non è coatto, e anzi dipende da un desiderio, da un impulso interiore? Cosa genera questo movimento, questa spinta?

Come al solito i pensieri affiorano e poi scappano, e a quel punto è difficile o quasi impossibile riportali a galla. Heureusement oggi ho conosciuto i primi amici (amici!), e la rotella ha ripreso a funzionare, interrompendo per un momento il malvagio meccanismo del devi, attualmente fossilizzato sul tema "casa". La storia di S., che ci racconta di come abbia studiato per anni inseguendo il sogno di diventare professore, e che una volta avuta la cattedra di inglese ha scoperto la pur triste realtà: odia i bambini. Penso che non li odi in quanto tali, ma in quanto massa informe e urlante. Ciò in effetti non cambia le cose, e S. ha ripreso e (già) terminato gli studi: ora cerca un posto come bibliotecario.
Cosa spinge un giovane che, in questo 2012 bizzarro, riesce a trovare lavoro a cambiare, in vista di un futuro incerto? Il fatto che non si trovasse bene, mi sono detta, che odiasse quel lavoro e che fosse disposto a tutto pur di abbandonarlo.
La condizione in effetti è necessaria, ma non sufficiente. Penso a una persona sola, in questo momento, ma senza sforzarmi potrei facilmente chiamarne a rapporto molte altre. Amici che non sono soddisfatti e pur continuano una relazione, un lavoro, una facoltà. Ma fosse anche solo una strada per andare al mare o un paio di scarpe per uscire la sera, che stringono davvero troppo e potrei morire al secondo passo. Quanti?

Adesso, più che la mente le mani, sulla tastiera, corrono veloci, mi spingono verso una scoppiettante conclusione sull'amor proprio, sulla più volte ribadita necessità di volersi bene e di prendersi del tempo per sé. Troppo facile, in effetti.
Credo sia il coraggio, invece, che si merita il posto d'onore, il breve spazio che mi separa dal punto finale. Il coraggio non solo di prendere coscienza di sé, di chi siamo e di che cosa vogliamo, per il pomeriggio o per i prossimi trent'anni. Il coraggio di affrontare la realtà, e di cambiarla - sul serio - qualora ci accorgessimo che non ci piace, che non è abbastanza, che semplicemente stiamo cercando dell'altro. Molto probabilmente altrove.

E la testa torna a viaggiare....
Sul metro.

sabato 1 settembre 2012

On va acheter!


Parole che incontro e che non so:

- hebdomadaires: settimanali;

- artichaut: carciofo;

- déception: delusione.

Potrei iniziare a combinare frasi senza senso con tutte le parole nuove che incontro! O forse è meglio imparare davvero a parlare (e a capire). 

Aujourd'hui comincia la Grand Braderie! Il più grande mercato delle pulci di tutta la Francia, con tre milioni di persone che arrivano da ogni dove per vendere e comprare (menate?) a prezzi stracciati. Non vedo l'ora di scendere in strada... *.*
Promemoria: portare con sé pochi, pochissimi soldi, per non trovarsi al 20 del mese a mangiare patate e rape  cotte.

Foto scattate sta mattina alle 9 dalla mia finestra (Rue Gambetta)


giovedì 30 agosto 2012

Contro il pericolo di una sola lingua, e dunque di un solo pensiero


Parole che mi vengono in mente e che non so:

- strano: étrange, bizzare;

- moroso: fiancé;

- cestino: corbeille (s.f.).

Strano come nel centro di Lille non abbia ancora trovato un cestino. Non capisco se sia perché i francesi sono così tanto puliti (senza bidet!?) da non produrre rifiuti, o se invece perchè - come delle brave formichine operose - ognuno abbia nella sua borsa (sac) un piccolo deposito-rifiuti, ovviamente separato dal resto. Sarebbe piuttosto intelligente come cosa, ecologica anche. Ognuno si porta a casa la sua carta straccia, il suo pacchetto di sigarette vuoto, il suo fazzoletto sporco dimenticato nella tasca dei pantaloni prima di metterli in lavatrice (motivo per cui sto cercando un cestino, in effetti...).







Ieri sono stata al Palais des Beaux Arts a vedere Babel, un'esposizione temporanea  sul tema della torre di Babele (primo pensiero: ma i francesi ce l'hanno fissa con le torri, o sbaglio?).
Interessante vedere come diversi artisti contemporanei si siano confrontati con un mito che risale all'Antico Testamento: da Parigi a Honk Kong, dal Belgio all'America, ognuno degli autori ha saputo rinnovare (e ravvivare) ancora una volta l'antica favola dell'uomo punito da dio per il proprio sogno di potenza infinita. Un salto indietro nel tempo attraverso tecniche più che moderne (proiezioni video, fotomontaggi incredibili,...) che mi ha lasciata al tempo stesso stranita e coccolata, facendomi gustare tutta la bellezza nascosta nel riscoprire qualcosa di noto.


Jackob Gautel - La Tour 


Eric de Ville - La Tour de Brussels

Concludo con le parole di Roland Barthes: "Allora il vecchio mito biblico si trasforma, la confusione delle lingue non è più una punizione, il soggetto accede al godimento dovuto alla convivenza delle lingue che lavorano vicine: il testo del piacere, è Babele felice".




lunedì 27 agosto 2012

# 1

Lo sto facendo davvero?

- è il pensiero che da questa mattina sta riempiendo la mia giornata.
Mi sto davvero alzando alle sei e mezza? Sto veramente infilandomi tutti i maglioni che posso per svuotare la valigia di quei kili in più che Ryanair non accetta? Davvero l'aereo è partito, si è staccato da terra, sta lasciando l'Italia? E infine, sto davvero cominciando il blog che avevo in testa da mesi?

27 settembre 2012, Lille
Perché tutti i buoni diari, lettere, e ora pure blog che si rispettino, devono iniziare con una data e un luogo. Ed è qui che mi trovo, nel nord della Francia. Ed è questo il giorno giusto per cominciare qualcosa di nuovo, un viaggio, un'esperienza, che sia un Erasmus o cinque righe buttate giù di fila prima di andare a letto.

ore 7.10 - partenza da Pieve di Soligo.
ore 8.17 - all'imbarco: "mamma, ma la mia valigia dove l'hai lasciata?" "ah, ero così felice che me la sono dimenticata in macchina!vado a prenderla".
ore 8.30 - sono il fortunato centesimo passeggero che si becca il controllo campione e rimango in mutande in mezzo a quella trentina di sconosciuti che ti fanno sentire a tuo agio.
ore 9.25 - mi sono davvero seduta vicino al tipo più rompicoglioni di tutto l'aereo?
ore 10.38 - lampo di genio mi convince che magari è meglio non uscire alla ricerca di un bus senza aver recuperato il bagaglio imbarcato.
ore 13.31 - incrocio lo sguardo della mia probabile couch surfer mentre succhio le ultime gocce del mio succhino bio (la classica sinfonia del wwwwuuuuuuuusssshhh).
ore 13.32 - ma ho davvero speso 84€ per comprare quel cazzo di corso di francese "senza sforzo"?
ore 16.30 - entro per la prima volta in uno zoo (ufficialmente perché gli animali che ospita sono stati sequestrati alla dogana a trafficanti illegali, e quindi dovrebbero vivere meglio in gabbia che in pellicceria. Ma in effetti, mentre cammino, mi domando con che compagnia volasse il tipo che si è imbarcato due rinoceronti e sei zebre).
ore 18.32 - "martaaaa ti sto scrivendo un messaggio e contemporaneamente ti vedooooo" (madri ottuagenarie che imparano a usare Skype).
ore 20.05 - cerco di spiegare a Laurene che mi sento un po' come se fossi la sua cugina dal sudamerica che non ha mai conosciuto e che viene a trovarla all'età di vent'anni senza sapere niente né di lei né della città in cui vive. Mi guarda stranita, non capisco se è perché non abbia una cugina sudamericana o se è perché con il francese "senza sforzo" dobbiamo ancora affrontare sia condizionale che congiuntivo.
ore 22.20 - finisco di scrivere menate e me ne vado a nanna, il primo giorno è già durato abbastanza.

P.S.
Programmi per domani. Capire come si fa l'accento circonflesso con la tastiera del pc. Cercare sul vocabolario come si dice "quindi" e smetterla di fare la tamarra infilando dei continui "so" in tutti i discorsi.